domenica 25 marzo 2012

"El degheio": l'ultima sera del "Leoncino" di Schio. Mini reportage.

"Doman de sera ghe sarà el degheio!", che tradotto dal veneto significava che la sera successiva ci sarebbe stato un casino (di gente). Lo diceva con facile spirito profetico una ragazza che venerdì sera sostava insieme a molti altri in Piazzetta Garibaldi, proprio di fronte al "Leoncino". La voce correva da tempo, anche sui social networks, poi era arrivata l'ufficialità: uno dei bar più amati dai ragazzi scledensi avrebbe chiuso sabato 24 marzo. Una pagina Facebook raccoglieva un paio di giorni prima 800 adesioni all'evento. E in piazza, vi posso assicurare, il "degheio" c'era.
Se come si vocifera i problemi del "Leoncino" erano gli schiamazzi notturni che sembra infastidissero gli abitanti del centralissimo quartiere, la serata di ieri per questi dev'essere stata un inferno. Arrivando dal Duomo o da via Pasini il colpo d'occhio era inevitabile: decine di gruppi di ragazzi e ragazze, chi con una sigaretta, chi con uno spritz in mano, occupavano metà piazza. Tutti erano lì a divertirsi un'ultima volta con il Bar. Provo a entrare. Al bancone ci si arrivava a fatica in qualche minuto, facendosi largo a gomitate. Lì scopro che è finita la birra: qualcuno rimedia con un buon bicchiere di rosso. Non provo nemmeno ad arrivare fino in fondo, alla sala dei tavolini e del biliardo, c'è troppa gente. Esco. Passo davanti all'ubriaco dal naso da pugile di cui avevo scritto qualche giorno fa. E' sobrio, ma è già rosso e chiede da bere; c'è troppa gente, i camerieri non lo sentono e allora lui fa il gesto della bottiglia tracannata. Me lo lascio alle spalle sicuro di come andrà a finire la sua serata.
Sarà mezzanotte, dai piani alti del vecchio palazzo c'è chi fotografa la folla per portarsi a casa un pezzo di serata: la serata dell'addio. Cammino tra nuvolette di fumo Camel e Lucky Strike, su plastica e vetro, bicchieri e bottiglie rotte. Saluto una mia amica, la riconosco dai riccioli perchè la folla è grande. La perdo in un attimo. Mi volto prima di andarmene, un'ultima occhiata. Il gestore del bar, con la sua barba folta, porta divertito in spalla una ragazza dalle cosce tatuate: "Un urlo per il Leoncino!". Parte un applauso, non si sa più come rimetterla a terra.
Guardo un'ultima volta la scritta sull'entrata: "Leoncino Ristorante".
Mi allontano un po' più solo di prima.

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