venerdì 30 settembre 2011

Viaggiare (in)sicuri.

Esiste un sito internet, http://www.viaggiaresicuri.it/, curato dal Ministero degli esteri italiano e dall'Automobile Club Italia (Aci), che fornisce al viaggiatore, è indubbio, un servizio assai utile: sapere a quali rischi può andare incontro in un qualsiasi Paese estero che intenda visitare. Mosso da curiosità mi sono messo a spulciare i pericoli che avrei potuto incorrere se avessi voluto mettermi in viaggio per un Paese estero. In Africa Paesi come la Libia o la Somalia rimangono mete assolutamente sconsigliate per via delle difficili situazioni in cui versano, per via della guerra che da più o meno tempo (mesi nel caso libico, almeno più di un decennio in quello somalo) è il flagello di questi Stati e dei loro abitanti. Situazioni nettamente migliori risultano consultando schede di Stati come il Marocco o il Sud Africa, dove situazioni politiche dalla stabilità imparagonabile a quelle prima citate rendono questi Paesi mete più appetibili. Tuttavia, raccomanda Viaggiaresicuri, attenzione alla microcriminalità, che specie in Sud Africa tocca livelli altissimi e può diventare un serio problema per il viaggiatore. Di qui tutta una serie di raccomandazioni: tra queste - leggo nel paragrafo sulla sicurezza della scheda del Sud Africa - "prestare molta attenzione ai propri effetti personali e evitare di lasciarli incustoditi", usare il meno possibile i mezzi pubblici (metropolitana inclusa) e "fare esclusivamente uso di taxi affidabili e riconosciuti". I turisti devono poi stare molto attenti a non stipulare contratti e accordi improvvisati e a non rivelare le coordinate dei propri conti correnti a sconosciuti che poi si riveleranno dei truffatori ("scams"). Quando poi il turista guida in Sud Africa, c'è scritto, deve stare molto attento a non premere più del dovuto sull'acceleratore onde non investire persone o animali che attraversino improvvisamente la strada. Attenzione anche ai bancomat installati in posti isolati.
Spaventato dal Sud Africa ho guardato la scheda della sicurezza in Svizzera: nessuna parte del Paese è a rischio, nessuna zona necessita di particolari cautele, tutto il Paese è sicuro.
Ne devo dedurre che se in Svizzera lascio per terra il mio portafogli qualsiasi svizzero mi rintraccerà per riportarmelo senza nemmeno aprirlo, a costo di pagare profumatamente un detective; che in Svizzera se non trovo taxi ufficiali e riconoscibili come tali posso chiedere e accettare passaggi da qualsiasi sconosciuto; che in Svizzera posso siglare affari e rivelare il mio conto corrente al primo che mi passa davanti; che posso sfrecciare per le strade elvetiche senza paura di mettere sotto nessuno, persona o animale che sia, perchè evidentemente prima di attraversare persona e animale fanno domanda scritta alle autorità locali e aspettano anche di ricevere acconsenziente risposta; che se in Svizzera trovo un bancomat isolato posso ritirare l'intero mio conto in banca, mettermelo in tasca e magari urlarlo ai quattro venti che l'ho ritirato, che tanto nessuno svizzero oserà scipparmi nemmeno uno spicciolo.
Non è che dando eccessiva attenzione a Viaggiaresicuri rischio di passarmi una vacanza più che tranquilla in Sud Africa e di vedermela davvero brutta in Svizzera?
Non è che molte (non tutte) delle precauzioni che il premuroso Ministero degli Interni e la premurosa Aci mi consigliano appartengono semplicemente a quel normale buon senso che tutti dovremmo seguire, in Sud Africa, come in Svizzera, come dovunque e che non dovremmo avere bisogno di apprendere da un sito internet?

mercoledì 28 settembre 2011

25 aprile 2012: sotto l'ombra di un bel fior?

Non più 25 aprile. Meglio il 18. Questa la proposta del deputato Pdl Fabio Garagnani, che spiega: "le motivazioni con le quali i partigiani della sinistra combatterono il nazifascismo non erano certo ispirate al desiderio di restaurare la libertà, bensì a quello di creare un regime comunista che fu proprio evitato grazie alla vittoria del 18 aprile 1948". La vittoria di cui Garagnani parla è quella della Democrazia Cristiana, che in quel giorno di sessantatre anni fa batteva il Fronte popolare delle sinistre, ovvero i partiti comunista e socialista.
E' frase abusata, da bacio perugina, quella che vuole che la storia non si faccia con i se e con i ma.
Il Pci, e a maggior ragione il Psi, si è sempre vantato di aver scommesso sulla democrazia e di aver messo da parte la lotta armata dopo il 25 aprile proprio per partecipare a pieno titolo al nuovo regime democratico che seguiva i tragici mesi della Resistenza al nazifascismo. Non è dato sapere se una volta al potere, Togliatti e compagnia avrebbero messo da parte i propositi per catapultarci all'ombra dell'Unione Sovietica.
Ma tant'è. Certo, se questo fosse dovuto accadere, nessuno ora avrebbe il rimpianto che ciò non sia effettivamente accaduto: un McDonald capitalista, imperialista e reazionario è generalmente più tollerabile di una dittatura socialista o socialisteggiante che sia, e su questo la Libia dovrebbe avere qualcosa da dire.
Ma se si lascia da parte la politica e si guarda per un attimo alle persone, si scoprirà che ciò che la dirigenza di un qualsiasi movimento vuole o potrebbe volere, non sempre coincide con ciò che vuole la base del movimento stesso, soprattutto quando questo movimento è popolare come lo fu la Resistenza italiana al nazifascismo.
Scrivo da un paese, Schio (VI), che alla Resistenza ha dato un grosso tributo, nell'ordine delle svariate centinaia di vite infrante. Vivo in un paese, Schio (VI) che è insieme alla città di Genova l'unico paese in Italia in cui i resistenti hanno trattato autonomamente coi tedeschi l'allontanamento delle forze del Reich, senza l'intervento alleato (29 aprile 1945). Respiro l'aria di un paese, Schio (VI) in cui uno dei maggiori capi partigiani (Valerio Caroti "Giulio", venuto a mancare ai primi del nuovo millennio) impedì le esecuzioni sommarie di fascisti che invece si ebbero in molte altre città.
Ma Schio è anche il paese noto per il maggiore eccidio di fascisti del dopoguerra (54 fascisti sotto i colpi di una dozzina di partigiani entrati nelle carceri di Via Baratto la notte tra il 6 e il 7 luglio 1945).
La maggior parte dei partigiani operanti nelle colline e nelle montagne attorno a Schio apparteneva alla Divisione garibaldina "Ateo Garemi". Erano dunque partigiani comunisti.
E chi anche non fosse stato comunista, ma avesse voluto comunque partecipare alla Resistenza, alla difesa della sua città dai rastrellamenti e dai saccheggi nazifascisti, dove avrebbe dovuto militare? Avrebbe dovuto spostarsi attraverso le campagne e chiedere al primo partigiano che passava, mitra in mano, il viottolo più breve per la più vicina formazione cattolica?
Oggi ci sono ex partigiani comunisti che parlano in modo molto critico del mondo del socialismo reale e dei paesi che furono coinvolti nella sua tragedia, ma che all'epoca speravano ardentemente in una vittoria del partito di Togliatti, del partito amico della "Grande Madre Russia", come si diceva. Voltagabbana? No, solo più coscienti oggi di allora di cosa fosse la vita in un Paese comunista. L'ottantenne di oggi, forse, vede solo meglio del ventenne di ieri, nonostante le cateratte.
Se poi comunque si leggono le lettere dei partigiani condannati a morte, si vedranno insospettabili invocazioni a Dio e alla Madonna, e non a Lenin e a Stalin. L'ultimo pensiero di un ventenne in punto di morte andava alla mamma sola a casa a versare lacrime, non certo alla rivoluzione proletaria mondiale, della quale per altro aveva spesso solo una pallida nozione appresa in montagna coi compagni. D'altronde vent'anni trascorsi tra i banchi di una scuola fascista non si buttanto mica via così, da un mese all'altro...
Oggi veniamo a sapere da Fabio Garagnani che questa gente non merita il ricordo di una festa nazionale perchè militava in formazioni che non speravano esattamente nella Chiesa cattolica.
Io credo invece che queste persone abbiano vinto esattamente come tante altre di diverso orientamento, e che in quei tragici mesi abbiano sofferto e gioito esattamente come loro.
Il 25 aprile è, e deve rimanere, la festa indistinta di tutti i partigiani: dei comunisti, dei socialisti, dei cattolici, dei liberali e dei monarchici. La storia poi ha deciso chi di loro doveva stare al governo e chi all'opposizione. Ognuno secondo coscienza deciderà chi di loro aveva più ragioni e più torti, chi aveva completamente ragione e chi del tutto torto.
Perchè dovrebbe ricordarsi, il nostro Garagnini, che se ci fu un diciotto aprile millenovecentoquarantotto, lo si deve al venticinque aprile millenovecentoquarantacinque e a tutti coloro, indistintamente, che per quella data si trovarono troppo presto "sotto l'ombra di un bel fior".

http://www.corriere.it/politica/11_settembre_28/Festa-18-aprile-invece-del-25_bffa2ef8-e9e3-11e0-ac11-802520ded4a5.shtml

http://www.repubblica.it/politica/2011/09/28/news/25_aprile-22366363/?ref=HRER2-1

http://www.ilgiornale.it/interni/cancellare_25_aprile_la_proposta_pdl_scegliere_unaltra_data/25_aprile-partigiano-protesta-festeggiamento/28-09-2011/articolo-id=548661-page=0-comments=1