martedì 6 dicembre 2011

La mia rivoluzione sarà guardare fuori dalla finestra.

E poi arriva il momento in cui gli si illuminano gli occhi. Arriva, per forza, prima o poi arriva. Il momento in cui gli si illuminano gli occhi, le labbra si stringono come cesoie per soffocare un sorriso, gli angoli della bocca impercettibilmente tirati. Abbassa lo sguardo, dapprima. Poi non riesce più a trattenersi e allora te lo sbatte lì, il tuo interlocutore che fino a qualche minuto prima ti guardava interessato, che fino a pochi istanti prima immaginavi tuo complice di intime speranze.
"Cosa vuoi fare, il rivoluzionario?! Non cambierai il mondo, fidati!"
E lì finisce tutto con una manata sulla spalla e considerazioni sulla tua età che ti fa pensare queste cose. Segno che se fossi più maturo, no, questi pensieri non attraverserebbero mai la tua mente, nemmeno per sbaglio. Se ne starebbero alla larga.
"Vedrai, appena trovi un lavoro e dovrai pensare allo stipendio..."
"Vedrai, trovati una donna, metti su famiglia e poi mi sai dire..."
E io puntualmente, quando ritorno sui miei passi, guardo l'asfalto che mi scorre sotto gli occhi, l'asfalto grigio dei marciapiedi e delle strade, con le sue imperfezioni, e mi domando perchè.
Perchè si dà per scontato che la voglia di cambiamento sia diversamente proporzionale all'età che ti scorre nelle vene, che ti crepa le ossa, che ti offusca gli occhi?
Perchè?
Perchè sperare nel cambiamento così da farne il proprio obiettivo non è mai una cosa da prendere sul serio?
Perchè ci si deve stancare, prima o poi?
Perchè uno è rivoluzionario solo se abbraccia un fucile? Io non voglio nemmeno un pugnale!
Mi avete detto che se uno scrive, se uno vuole campare di scrittura, è un sognatore.
"Il mio più grande problema - diceva Robert Louis Stevenson, l'autore dell'"Isola del tesoro" e "Lo strano caso del Dr. Jeckyll e di Mr. Hide" - è spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando".
Bene, io voglio guardare per tutta la vita fuori da quella finestra. Io voglio vedere il mondo che ci scorre dietro quella finestra, io voglio vedere il mondo che ci soffre dietro quella finestra, che ci ride, che ci vive, che ci muore dietro quella finestra.
Io voglio raccontare di quel mondo, è di questo che voglio vivere.
E guardare, vedere, osservare, capire, raccontare, questo sì che è rivoluzionario. Perchè con le armi si possono rovesciare tutti i pranzi di gala che vogliamo, ma fare la rivoluzione è un'altra cosa.
"Abbiamo fatto la rivoluzione, comandante!" disse un soldato in quel di Santa Clara.
"No - rispose il comandante - abbiamo vinto una guerra. Ora dobbiamo fare la rivoluzione".
E allora, mettetevelo bene in testa. Io voglio fare il rivoluzionario. Io voglio scrivere, e scrivere è rivoluzionario.
La mia rivoluzione sarà il giornalismo.
Forse non ci riuscirò, forse fallirò.
Forse avrete ragione voi, interlocutori miei: che mi credevo di fare, il rivoluzionario?!
Ma allora potrò guardarmi indietro e pensare di non avercela fatta.
Io voglio potermi guardare indietro e pensare di non avercela fatta; non voglio guardarmi indietro e pensare di non averci provato.

Alessandro Pagano Dritto,
06.12.11.

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